Con questo articolo voglio raccontare l’evoluzione del mio Stacco da Terra nell’ultimo anno e mezzo.

Però, non scriverò dal punto di vista tecnico.

Voglio raccontare come si sono evolute le mie sensazioni, cosa ho percepito (e cosa ho dovuto modificare) in termini di:

  • evoluzione delle capacità del mio corpo
  • punti difficili del movimento
  • percezioni interne ed esterne su cui focalizzarmi
  • Punti di Contatto

per arrivare a fare un Record Italiano Junior (150kg nella categoria -57) lo scorso giugno, e – probabilmente – incrementare ulteriormente la mia forza negli ultimi mesi.

Sono certamente molto predisposta per questo esercizio, e penso che questi risultati non vadano oltre il “buono”.

Credo tuttavia che molte persone (ragazze in primis) nutrano un timore eccessivo verso lo Stacco, potendo trarre informazioni utili da quello che è stato il mio percorso. Anche se solo all’inizio.

 

 

GLI INIZI

 

Questa sono io due anni fa.

120kg lasciati per terra.
(Mi scuso per la scarsa qualità video, ma al tempo non credevo sarebbe risultato utile.)

 

 

 

Mi allenavo già da un po’ di tempo, e il mio peso corporeo sia aggirava intorno ai 66kg.

Ora, tra fallire 120kg in allenamento e fare 150kg in gara c’è un abisso.

Ecco cosa è cambiato dentro di me.

 

 

POSIZIONE DI PARTENZA E PUNTI DI CONTATTO

 

Per eseguire un ottimo stacco non è sufficiente tenere la schiena dritta ed essere al centro del piede. Bisogna riuscire a settarsi in modo efficace, trovando una posizione da cui non si tira né si spinge, ma da cui si può sollevare l’intero corpo verso l’alto.

La posizione ideale di partenza è una sola ed è terribilmente faticosa da mantenere, in particolare se non ci siamo abituati. Sottolineo: non è SCOMODA, ma FATICOSA. Dispendiosa a livello energetico, ma comoda a livello articolare.

Con molta pratica sono riuscita ad affinare sempre di più la percezione del Punto di Contatto (pressione che il piede esercita sul pavimento) ed è grazie a questo punto di riferimento fisso che riesco a mantenere sempre una buona tecnica a prescindere dalla stanchezza e dalla fatica.

Obbiettivamente, l’uso dalla logica dei Punti di Contatto ha fatto davvero la differenza per me. Il fatto di non dover affrontare una negativa nella fase iniziale del movimento è un grosso vantaggio che Panca e Squat non hanno: puoi spendere tutto il tempo necessario per trovare la tua posizione ideale.

Le due percezioni ottimali che sento quando eseguo un ottimo Stacco da Terra sono:

1- sensazione di “sospensione”/”zero muscoli” –> quando i muscoli stabilizzatori sono disattivati e rilassati (tibiali, delle dita dei piedi, polpaccio) significa che sono in perfetto equilibrio e che sono nella posizione ideale da cui alzarmi.
2- sensazione di “pavimento piatto” –> nello stacco, rispetto allo squat, possiamo concedere che le ginocchia vadano leggermente verso l’interno. Non è però qualcosa che dobbiamo decidere razionalmente: dal momento in cui prendiamo il bilanciere e cominciamo a sollevarci, la pressione si deve distribuire uniformemente su tutta la pianta del piede, dando quella sensazione di “pavimento piatto”.

 

L’EVOLUZIONE

 

Vediamo ora un video realizzato all’inizio del lavoro con i Punti di Contatto (ottobre 2016 – 110 kg x 3 in 5″ bw 66 kg). In questo video si vede che parto da una posizione “poco faticosa”, con il sedere poco più in alto di come andrebbe tenuto.

 

 

Non avviene però nessun aggancio di bacino (drive), il coinvolgimento delle gambe è sempre minore rispetto a quello dei muscoli lombari. Il risultato è che, anche se il peso è ben bilanciato su tutto il piede, sentivo che ad alti carichi il bilanciere tendeva a scappare in avanti, costringendomi a tirare di schiena.
La chiusura, trovandomi il bilanciere lontano dal corpo, risultava difficile.

Riuscivo a gestire perfettamente i carichi bassi, ma a carichi alti diventava decisamente problematico.

Il lavoro sui Punti di Contatto era sì iniziato, ma non ancora maturato.

Notiamo come la testa (chiaro indicatore di TIRATA se si incrementa le lordosi cervicale in partenza) addirittura si abbassi durante il primo pezzo di salita.
Questo è un segno assolutamente positivo: stavo iniziando a perdere il riflesso di tirata indietro, acquisendo quello di SALITA VERSO L’ALTO.

Eccomi invece dopo 7 mesi di lavoro.
Abbiamo sia l’aggancio di bacino che un abbassamento posteriore e non anteriore delle spalle. Il focus è efficacemente mantenuto sul Punto di Contatto dall’inizio alla fine dell’alzata.

 

 

Sensazione positivissima, il carico si distribuisce uniformemente su tutta la struttura del corpo.
Percezione di totale assenza di peso sul bilanciere. Salita fluida, senza intoppi.

Nel frattempo, il mio peso corporeo è sceso di 9kg.

 

LA CHIUSURA

 

La chiusura è il momento il cui l’alzata viene portata a compimento, le ginocchia si serrano e il tronco è normalizzato nelle sue curve. Spalle leggermente più indietro rispetto all’anca.

Questo è quello che si vede dal di fuori.

In realtà, da dentro questa fase non deve esistere.
 Non bisogna cambiare assolutamente niente in fase di chiusura: se abbiamo eseguito bene la fase di setup e di salita nel primo tratto la chiusura viene da sé: le percezioni rimangono identiche.

Il pavimento come punto di appoggio continua a darci forza, e IN AUTOMATICO il nostro corpo conclude l’alzata.

Questo avviene soprattutto se si hanno ingaggiato i femorali (SENZA PERCEPIRLI!!) durante la fase di distacco dal suolo.

Molti sbagliano la chiusura per un eccesso di fretta: il corpo, per un discorso di risparmio energetico, è portato a concludere il prima possibile l’alzata. Il problema è che con il carico alto non funziona.

Bisogna faticare in egual modo da inizio a fine salita, fino a quando il movimento si conclude automaticamente.

 

LA PROGRAMMAZIONE

 

Anche qui, non analizzo volumi e intensità. 
A questo ci ha pensato Amerigo.
Vi parlo di cosa percepisco dall’interno.

GIORNO 1 – Stacco classico deficit

 

In questa giornata mi dedico specificamente allo Squat, la seduta più voluminosa della settimana.

Svolgo lo stacco a fine seduta, come ultimo esercizio, quando il corpo è stanco.
Proprio per questo motivo, abbiamo scelto di inserire lo CLASSICO DEFICIT, ovvero una variante, dato che il mio stile di gara è lo stacco sumo.

L’inserimento del deficit (ovvero un rialzo sotto i piedi di 2-3cm), fa in modo che il bilanciere sia PIU’ BASSO rispetto all’altezza regolamentare, e quindi mi costringe a scendere maggiormente con il bacino per afferrarlo.

Trovo questa variante molto utile: nello Stacco Classico mi è molto più facile trovare la posizione ideale di partenza, ho una migliore percezione del Punto di Contatto, ma la fatica muscolare e sistemica derivata dallo squat e la difficoltà aggiunta del deficit lo rendono un esercizio estremamente sfidante. Non è facile restare rilassati e non scappare dalla fatica.

Sono quindi costretta a coinvolgere la muscolatura delle gambe anche quando queste sono stanche a causa dello Squat svolto ad inizio seduta. 
Davvero educativo.

Carico basso (non oltre il 65%), poche ripetizioni (2/3) e assoluta cura della percezione di pavimento stabile sotto al piede.

 

GIORNO 2 – Stacco sumo da piccolo rialzo

 

Dopo vari esercizi complementari (addome, alzate laterali, rematore ad un braccio e Seal Row), svolgo la Panca piana. Volume elevato (5 serie da 5/8 ripetizioni).

Portata a termine anche questa (vi posso assicurare che la stanchezza sistemica è elevata), passo allo Stacco Sumo da piccolo rialzo.

Il bilanciere è rialzato di 3-5cm da terra.

Per alcuni soggetti il lavoro dai blocchi può risultare difficile per una questione di leve e di impedimento fisico delle tibie contro il bilanciere. Nel mio caso diventa un fattore molto facilitante, che mi permette di lavorare con carichi alti e con particolare attenzione alla parte finale della salita. Maneggio alti carichi in questa seduta (lavorando da stanca), e questo mi predispone a percepire molto leggero il carico sollevato nella 3° seduta, quella del venerdì.

Svolgere due sedute di Stacco a fine allenamento mi costringe a mantenermi focalizzata anche quando la stanchezza del corpo è alta, arrivando alla 3° seduta, maturando un movimento solido e molto preciso.

 

GIORNO 3 – Stacco GARA

 

Se ho lavorato bene nelle prime due giornate, qui il bilanciere si alza da solo.
Fatica zero.

Il mio corpo si è abituato a lavorare in difficoltà nelle altre due sedute, ed ora che svolgo lo Stacco come primo esercizio… Viene tutto automatico. Ho massime energie fisiche e coordinative.

Svolgo Stacco Sumo gara o PARZIALI. Lo schema può variare a seconda delle difficoltà incontrate nella seduta, ma generalmente svolgo più serie da 2/3 reps con difficoltà moderata (RPE 7),  in preparazione di una serie (l’ultima) con lo stesso peso ma con più ripetizioni. Fino a 9.

E’ come se le serie a basse ripetizioni mi preparassero coordinavamente all’ultima, la più impegnativa.

 

IL RISULTATO

 

Al di là dei buoni risultati in termini di kg sollevati, questo lavoro mi ha dato una concreta RIPRODUCIBILITA’ di movimento.

Percepisco SEMPRE bene il movimento, l’appoggio del pavimento, la salita. Sempre uguale.
Ovvio, ci possono essere fasi in cui sono più in forma e più performante, ma quello che è certo è che ho sempre un feeling positivo.

E questo mi permette di essere lucida quando sbaglio, sapendo come intervenire.

Durante la 3° seduta (quella diciamo più importante), se sento lavoro localizzato sui quadricipiti so che devo posizionarmi meno “seduta” e con le ginocchia più indietro, cercando quel piatto sotto al piede che mi dà sostegno per tutta la salita.

Una auto-correzione che è possibile solamente quando si è dato largamente ascolto alle proprie percezioni.

Questi sono 127,5kg per SEI ripetizioni.

 

 

 

A febbraio testeremo in gara il lavoro fatto durante l’ultimo anno, cercando di abbattere il muro dei 150kg.

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Per la guida completa sullo Stacco Da Terra, ad opera di Mattia Cravedi, clicca QUI.


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