In questo articolo parliamo della tecnica, della programmazione e della collocazione della Panca Inclinata in ottica di forza e sviluppo muscolare.

A cura di Mattia Sileno.

 

La Panca Inclinata è a tutti gli effetti un esercizio fondamentale, anche se spesso inteso come una variante della più comune Panca Piana.
Ci sono situazioni in cui è preferibile la Panca Inclinata a quella Piana?
Qual è il suo effetto sulla muscolatura?
Posso scegliere la Panca Inclinata in completa SOSTITUZIONE alla Panca Piana?
In questo articolo cercherò di mettere in chiaro diversi concetti ed in particolar modo il perché vengono fatte determinate scelte piuttosto che altre.

Ecco l’indice di questo trattato sulla Panca Inclinata:

1- VALUTARE UN SOGGETTO: antropometria e coordinazione
2- PANCA PIANA: i limiti
3- PANCA INCLINATA
4- LA TECNICA
5- ESERCIZI DI ASSISTENZA – coordinazione
6- ESERCIZI DI ASSISTENZA – attivazione muscolare
7- PROGRAMMAZIONE

 

ANTROPOMETRIA E COORDINAZIONE

 

In base a cosa scegliamo di eseguire la Panca Inclinata piuttosto che la Panca piana? E’ solo una questione di muscoli che vengono attivati?

Quando ci troviamo di fronte ad un soggetto è necessario tener conto di diversi fattori:

  • Valutazione STRUTTURALE: è necessario farsi un’idea, mediante un’osservazione complessiva, di come il soggetto si muoverà sotto carico indipendentemente dall’esercizio svolto. Lo sviluppo muscolare, il modo di muoversi a carico zero spesso sono indici da tenere in considerazione.
  • TRASCORSO agonistico e non: è importante sapere chi ci troviamo di fronte, dal momento in cui saremo noi ad occuparci del suo percorso. Tra un soggetto che ha un trascorso sportivo ed uno che non ha mai fatto pesi, c’è un abisso sia in termini di conoscenze che di approccio nell’insegnamento. Spesso un background sportivo di un certo tipo è capace di influenzare completamente la risposta del soggetto agli stimoli a lui sottoposti. La scelta di un esercizio DEVE tenere conto delle abilità precedentemente sviluppate dal soggetto.
  • RICETTIVITA’ agli stimoli: ci sono soggetti che non hanno la capacità di recepire determinati input esterni. Altri soggetti invece, presentano capacità innate di apprendimento. Per questi, risulta più facile imparare un gesto piuttosto che un altro, perché dentro di loro hanno un database ricco di informazioni chiare e precise.

Per un allenatore, avere ben chiari questi punti è di fondamentale importanza. Se un soggetto presenta delle caratteristiche strutturali e anatomiche di un certo tipo, molto probabilmente sarà più predisposto ad un movimento piuttosto che ad un altro.

E qui, spesso, casca l’asino.

 

LA PANCA PIANA

 

Panca piana impostazione tecnica

Mattia Sileno durante un coaching di Panca Piana

 

Prendiamo in considerazione l’esercizio più temuto da tutti, allenatori ed atleti: la PANCA PIANA.
Partendo dal presupposto che in ottica di sviluppo ipertrofico vi sono svariati esercizi molto validi, la maggior parte dei soggetti si ostina nel voler fare a tutti i costi la Panca Piana. Oramai è una moda.

Per quanto mi riguarda, a meno che tu non debba fare gare di powerlifting, in cui la Panca Piana è un esercizio di gara, non sei assolutamente costretto a farla.

 

ARTIFICIALITA’ DEL GESTO

 

Ciò che rende questa alzata tanto affascinante quanto difficile è l’insieme di regole che sono racchiuse all interno di essa, necessarie per conferire naturalezza ad un gesto estremamente artificiale.
Sul piano intuitivo, a nessuno verrebbe mai in mente di sdraiarsi per spingere o sorreggere qualcosa che è al di sopra di noi. Tutto ciò che dall’alto cade verso il basso viene letto istintivamente dal corpo come un pericolo, un’allarme dal quale proteggersi.

Altri sono i fattori che rendono poco congeniale per il corpo questo movimento:

  • La ricerca del SET-UP: al contrario di uno Squat o addirittura dello stacco da terra, i quali si possono ricondurre a svariate azioni quotidiane, la panca piana non assomiglia a nessun gesto compiuto dall uomo in natura. La completa innaturalezza del set-up ne è la prova eclatante. Sdraiarsi su una panca, deprimere le scapole ed estendere al massimo il torace, sono azioni non comprensibili per la maggior parte delle persone. La creazione del set-up è un’operazione lunga che richiede singolarmente l’assemblaggio dei vari passaggi in maniera costruita e meccanica.

 

  • Una PREDISPOSIZIONE INNATA: per nessuno di noi è possibile modificare il proprio assetto anatomico. Incastri articolari e lunghezza delle ossa sono parametri non di certo modificabili nel tempo. La panca piana è l’esercizio che più di tutti risente di queste caratteristiche. Omero relativamente corto, spazio intravertebrale accentuato, torace di grandi dimensioni…risultano fondamentali per la buona riuscita di questa alzata.

 

  • Altro fattore, non meno importante, è la mobilità articolare. Nonostante sia allenabile, la capacità di acquisire mobilità nel tempo è un fattore direttamente influenzato dalla conformazione osteo-articolare del soggetto. Ad esempio: un soggetto estremamente cifotico avrà più difficoltà nello sviluppo della mobilità della spalla e di conseguenza il suo set-up sotto carico sarà meno efficace rispetto a quello di un soggetto normodotato.

 

Su questi punti si può lavorare, ma fino ad un certo punto.
Ci sono persone che hanno una struttura OSSEA (quindi non modificabile) che non consente loro di sviluppare un movimento di distensione efficace su PANCA PIANA, rendendo molto più adatta l’inclinazione del piano di lavoro

Infiammazioni al capo lungo del bicipite, scapola con movimento non fisiologico, contratture su romboidi, trapezio, elevatori della scapola.

Ecco, di fronte a queste situazioni dovresti valutare l’inserimento delle distensioni su Panca Inclinata perché, probabilmente, la Panca Piana risulta meno fisiologica a livello di scorrimento articolare.

 

LA PANCA INCLINATA

 

panca inclinata esecuzione

Jack Mambelli durante l’esecuzione di una Panca Inclinata

 

Esistono angoli di lavoro nel quale il nostro corpo è naturalmente predisposto a muoversi e, di conseguenza, a generare forza.

Ognuno di noi, in base soprattutto all’anatomia strutturale, deve essere in grado di individuare l’angolo di lavoro a lui più congeniale, in modo da ottenere i risultati prefissati.

Che si parli di sviluppo muscolare piuttosto che di forza, la prerogativa deve essere sempre la stessa: lavorare in SICUREZZA ed in FISIOLOGIA.

Per quanto riguarda lo sviluppo della Panca Piana come esercizio di spinta e costruzione muscolare, ho deciso di optare sull’utilizzo di una variante alquanto semplice ma geniale: la PANCA INCLINATA.

La PANCA INCLINATA è un esercizio di intuizione più immediata rispetto alla Piana, poiché la maggior parte dei soggetti vede di buon grado il lavoro su un piano inclinato rispetto a quello sagittale.
Questo esercizio rappresenta una ottima variante che può farci apprendere abilità specifiche, poi trasportabili nel movimento di distensione piana.

Seppur sia molto simile alla classica Panca Piana, una leggera inclinazione della stessa ha permesso a molti soggetti di arginare una miriade di problemi irrisolvibili in altro modo.

Ci troviamo, per la prima volta, di fronte ad una variante SEMPLIFICATIVA del gesto “originale”.
NB: occhio! Questo non vuole assolutamente dire che in allenamento dobbiamo trovare la via più semplice, al contrario dobbiamo trovare la via che più si confà alle nostre caratteristiche e che, allo stesso tempo, ci permetta di esprimere appieno il nostro potenziale.

Tre sono le motivazioni per le quali considero la Panca Inclinata una soluzione SEMPLIFICATIVA:

  • Di facile intuizione: esistono piani di lavoro, porzioni di movimento, angoli di leva percepiti dal corpo come semplici. Muoversi su quel piano per il corpo risulta estremamente intuitivo e di facile comprensione. Spesso per imparare un movimento è richiesto un arco di tempo lunghissimo; allo stesso tempo vi è la possibilità di ridurre i tempi di apprendimento semplicemente capendo qual è la via più giusta per il corpo. Nel caso specifico, una leggera inclinazione del 15/20° della panca ha permesso a svariati soggetti di conseguire immediatamente un movimento corretto senza l ausilio di particolari indicazioni. Sul piano motorio, se un movimento è chiaro e semplice, vi è una velocità di assimilazione dello stesso in tempi rapidissimi.

 

  • Conforme alla fisiologia articolare: strettamente correlata al punto sopra citato. L’artificialità di questo movimento è resa maggiormente tale se svolto sul piano orizzontale, ossia su panca piana. Se ci pensiamo, esercizi di distensione sul piano verticale sono più congeniali alla maggior parte dei soggetti, sia perché vengono ricondotti ad azioni di vita quotidiana, sia perché si confanno maggiormente allo sviluppo articolare anatomico. Detto ciò, portare il soggetto da un piano orizzontale ad uno leggermente inclinato risulta un grande vantaggio esecutivo. Vi sono soggetti dalle caratteristiche fisiologiche molto particolari (spalle anteposte, longilinei, cifosi accentuata..). Questi giovano in maniera particolare di lavori con angoli differenti da quelli standard.

 

  • Sviluppo muscolare: come diretta conseguenza dei punti sopra elencati. Permettere al corpo di lavorare in sicurezza e fisiologia sono la miglior arma per indurre uno sviluppo ipertrofico. Uno scorrimento dell omero sul piano inclinato favorisce una maggiore attivazione dei muscoli pettorali, motore principale del movimento. In sostanza, più un esercizio è congeniale a livello articolare, più sarà facile innescare in esso un processo ipertrofico degno di nota.

 

LA TECNICA

 

panca inclinata tecnica

Antimo Cembalo durante un coaching

 

Come vi ho detto in precedenza, è necessario capire come un soggetto deve muoversi in corretta fisiologia con un sovraccarico.

Sempre più spesso sento parlare di: polsi dritti, presa carpea, scapole addotte, spalle in incastro…senza tenere in considerazione, nella maniera più assoluta, la conformazione articolare del soggetto.
Ciò che un allenatore deve realmente capire è COME SCORRONO IN FISIOLOGIA E SICUREZZA LE ARTICOLAZIONI.

Ricordiamoci sempre che il nostro corpo, messo nelle giuste condizioni, si predispone nella maniera corretta per svolgere determinate azioni in completa automazione. Riuscire a capire come far “giocare” le nostre articolazioni è assolutamente fondamentale per rispettare appieno le regole del corpo umano.

Se ti dico che la Panca Piana/Inclinata non è altro che un GIOCO DI ARTICOLAZIONI può sembrarti assurdo, ma in realtà è proprio così!

Ecco i punti che rivestono un ruolo fondamentale nello sviluppo della Panca Inclinata.

1. Gestione MANI
2. Gestione POLSI
3. Gestione GOMITI
4. Gestione SCAPOLO-OMERALE
5. Gestione TORACE/COLONNA VERTEBRALE
6. Gestione TRAIETTORIA

 

Gestione MANI

La posizione delle mani è fondamentale nell’approccio al bilanciere. Sento spesso parlare di presa carpea, pollice in opposizione, presa “aperta” (ossia col pollice parallelo alle altre dita), senza però tenere minimamente conto della morfologia del soggetto.

Come prima cosa, tengo a precisare che il posizionamento delle mani deve essere il più neutro e naturale possibile, evitando torsioni articolari una volta impugnato il bilanciere.
Per trovare la propria presa ideale è necessario valutare a carico zero la mobilità del soggetto in intra/extrarotazione, procedimento semplice ma non scontato.

Spesso ci troviamo a voler imitare panchisti d’élite senza riconoscere le diversità anatomiche che ci differenziano. La presa carpea, spesso utilizzata dai giapponesi, richiede un’ottima mobilità scapolo-omerale per ovviare all’intrarotazione dell’omero che causerebbe la fuoriuscita delle spalle, esponendole più facilmente ad infortuni. Quindi, la presa è direttamente influenzata dalla conformazione del soggetto e di conseguenza influenza, a sua volta, la stabilità strutturale dello stesso.

A mio avviso basterebbe avvolgere il bilanciere istintivamente mantenendo una pressione uniforme dello stesso lungo tutta l’ampiezza del palmo. Evitare accumuli di tensione localizzata sull’esterno o sull’interno della mano favoriscono un maggiore relax della muscolatura dell’avambraccio, che si traduce in una migliore gestione dell’alzata.

Secondo la LOGICA DEI PUNTI DI CONTATTO, il bilanciere deve esercitare una pressione uniforme e costante sulla mano durante tutto l’arco del movimento.

Una volta afferrato il bilanciere, bisogna evitare di stringerlo eccessivamente. Un’eccessiva forzatura comporterebbe l’insorgenza di rigidità parassite, alterando il controllo del gesto a favore di un’iperattività muscolare ingiustificata.

Gestione POLSI

 

panca inclinata mani

 

Partiamo dal presupposto che: il sistema di coordinazione articolare è direttamente influenzato dal funzionamento di ogni singolo distretto articolare che a sua volta si riflette a cascata su tutto il sistema corpo (sicurezza). Sulla base di questa considerazione, bisogna precisare una cosa: il nostro impianto articolare è fatto per muoversi secondo una certa logica evitando il più possibile la creazione di blocchi meccanici.

Il corpo accetta di buon grado una estensione del polso durante la fase di discesa del bilanciere. Su soggetti che non godono di una mobilità elevata quest’azione giova sul mantenimento di un buon set-up e sulla buona riuscita del movimento.

Bloccare i polsi in una posizione statica ed apparentemente sicura, non fa altro che creare un impedimento meccanico che si riflette negativamente su gomiti, spalle e torace.

Una estensione graduale del polso, durante la fase di discesa, darà il tempo alle articolazioni di creare un incastro solido e fisiologico, riproducibile nel tempo. Si è visto che estendere il polso ha portato, in maniera automatica, a percepire il bilanciere più leggero in mano, arginando quasi completamente la perdita di controllo dello stesso una volta arrivato al petto.

Ricordiamoci inoltre che l’estensione toracica è influenzata direttamente dal corretto scorrimento articolare di polsi, gomiti, spalle e scapole.

 

Gestione GOMITI

Il corretto andamento dei gomiti è influenzato principalmente da due fattori: mobilità della spalla e lunghezza dell’omero. Da qui possiamo dedurre che ogni soggetto presenterà sostanziali differenze una volta approcciatosi all’alzata.
Input verbali come “gomiti aperti, gomiti chiusi” poco contano se non si tengono in considerazione le caratteristiche morfologiche del soggetto.

L’interpretazione del movimento quindi è strettamente correlata a questi fattori. Un brevilineo ed un longilineo non presenteranno mai lo stesso movimento e le stesse problematiche da risolvere.

Ad un omero lungo, spesso corrisponde un angolo di apertura del gomito maggiore rispetto a chi presenta un omero più corto. Altro fattore fin troppo sottovalutato è la capacità di scorrimento della testa dell omero in abduzione. Soggetti particolarmente predisposti a questa alzata, presentano un ritmo scapolo omerale in perfetta sinergia ed una mobilità marcata della spalla. Questi soggetti solitamente tendono a flettere maggiormente il gomito sotto carico, lasciandolo cadere oltre la linea del bilanciere o perfettamente al di sotto di esso.

Come possiamo vedere, non vi è mai una soluzione prestampata. Dare una valutazione a priori, senza operare direttamente sul soggetto, è l’errore più grande che si può commettere quando si tratta di fisiologia articolare e quindi di soggettività.

 

Gestione SCAPOLO-OMERALE

Scapole addotte o no? Qui si apre un capitolo che ha destato in me un sacco di interesse.
Quando viene insegnata la panca, vengono usati a mio avviso input troppo aggressivi che non tengono conto della fisiologia del soggetto. Non è possibile dare una soluzione preconfezionata quando si tratta di anatomia strutturale, di come funziona il corpo umano.

Input come “adduci le scapole, deprimi le scapole” non fanno altro che creare uno scompiglio generale nella formazione di un movimento. Se è vero che la panca piana è un movimento artificiale, bisogna fare il massimo per renderlo il più naturale possibile, attraverso l’utilizzo di input o esercizi propedeutici volti a ristabilire un ritmo scapolo-omerale corretto.

Come per ogni punto chiarito fin ora, ogni soggetto presenta particolarità differenti che vanno tenute in conto. Se ci troviamo ad esempio di fronte ad una scapola alata, dobbiamo considerare che vi sarà molto probabilmente un ritmo scapolo-omerale viziato da una lassità muscolare.

Sapere come intervenire su questi soggetti è importante, ancor prima di insegnare a loro un movimento al quale non sono predisposti.
Ebbene sì: avere un corretto ritmo scapolo-omerale è essenziale per eseguire correttamente la panca piana. La propedeutica risulta quindi necessaria quando ci troviamo di fronte a movimenti che presentano una difficoltà esecutiva di questo tipo.

Per molti soggetti è impossibile, a mio avviso, fare Panca Piana fin dal primo giorno che entrano in palestra, questo perché presentano vizi posturali non conformi al corretto funzionamento del corpo. E’ possibile però, tramite un iter specifico, mettere il corpo nelle condizioni di eseguire un movimento estremamente anti-intuitivo come questo.
Più avanti vi illustrerò come.

 

Gestione TORACE/COLONNA VERTEBRALE

 

panca inclinata gestione toracica

Jack Mambelli durante un’impostazione tecnica su panca inclinata

 

La capacità si estensione della colonna nel tratto toracico, pur essendo principalmente una dote innata, è fortemente allenabile nel tempo. Vi sono soggetti che presentano una mobilità vertebrale al di sopra della media, ma spesso questo non basta per risolvere in maniera assoluta un movimento così complesso.

Solitamente, ad un avanzamento del tratto toracico sul piano sagittale corrisponde una leggera extrarotazione dell’omero con conseguente depressione scapolare.
Ma purtroppo, non sempre è così!

Per far si che tutto sia perfettamente funzionante, ritmo scapolo-omerale ed estensione toracica dovrebbero andare di pari passo. Vi sono soggetti invece che, per predisposizione genetica, non presentano questa peculiarità. Basta per esempio presentare una forte rigidità muscolare piuttosto che un’anteposizione delle spalle, per mandare in tilt il sistema. E’ necessario quindi lavorare per mettere il corpo nella condizione tale per cui possa muoversi in fisiologia.

NB: per valutare un gesto come fisiologicamente corretto, bisogna evitare di suddividere il corpo in compartimenti stagni. Il corretto funzionamento di un blocco articolare è direttamente influenzato dall’insieme delle articolazioni che entrano in gioco in quel determinato movimento. Quindi, l’interconnessione tra i diversi distretti determina, in negativo o in positivo, la buona riuscita dell’alzata.

Sulla base dei punti analizzati, possiamo vedere quanto sia complesso costruire un movimento corretto. Questo non vuol dire che vi sono delle regolette da rispettare, ma che l’interpretazione del movimento deve rispettare le regole del funzionamento “macchina corpo”.

 

Gestione TRAIETTORIA

La traiettoria non deve essere una preoccupazione durante l’esecuzione.
La cosa fondamentale è non far cadere il bilanciere troppo in alto, verso il collo, in un tentativo di “allungare” i pettorali durante la fase di discesa. Mi raccomando: allungare forzatamente un muscolo durante la discesa è un grave errore!

Il punto in cui il bilanciere tocca il petto è determinato dalla lunghezza dell’omero e dalla conformazione dell’articolazione della spalla, nonché dalla mobilità toracica. Questo punto non può essere determinato a priori.

Si veda, ad esempio, questo video in cui Jack Mambelli esegue distensioni su Panca Inclinata.

 

 

 

PANCA INCLINATA – PROPEDEUTICA

Per il conseguimento di un ottima Panca Inclinata sono necessari:

  • Una buona mobilità articolare;
  • Un ottimo ritmo scapolo-omerale;
  • Una buona attivazione dei muscoli coinvolti, soprattutto nella fase negativa (gran dorsale, romboidi, sottoscapolari…). L’attivazione dei muscoli di spinta non è altro che la conseguenza del caricamento elastico degli stessi durante la discesa;
  • Un buon set-up, come conseguenza diretta dei punti sopra citati.

 

Per comodità, possiamo suddividere gli esercizi di assistenza in due filoni:

A) Esercizi di COORDINAZIONE ARTICOLARE: mobilità e rispristino del ritmo scapolo-omerale tramite l’uso di elastici e foam roller (la combo);

B) Esercizi di PREATTIVAZIONE MUSCOLARE: attui ad attivare quei muscoli capaci di conferire un maggiore controllo ed una solidità all’alzata.

Tra questi possiamo trovare il Seal Row, il rematore su panca 30°e il Pull down con elastico.

 

ESERCIZI DI COORDINAZIONE ARTICOLARE

 

Lavorare in maniera specifica sulla coordinazione e sulla mobilità articolare, quanto può essere influente nella buona riuscita di una movimento così complesso?

TANTO, RIPETO TANTO!

Molti soggetti non sono predisposti, per leve o mobilità articolare, a questa alzata. Dedicare, a seconda delle necessità personali, tempo per fare un salto di qualità è la chiave per raggiungere un ottimo set-up.

Le leve contano, è vero, ma questa non deve essere una scusante per giustificare un risultato mediocre.
In quest’ultimo periodo mi sono dedicato molto alla sperimentazione e all’applicazione in campo pratico di diversi esercizi propedeutici.

Avendo la possibilità di seguire molto frequentemente i miei ragazzi ho notato come, in giornate no, possa essere fondamentale un lavoro specifico e mirato sulla mobilità e sul ripristino del giusto ritmo articolare.

Capire come scorrono in fisiologia le articolazioni di un soggetto piuttosto che un altro è, a mio avviso, risolutivo in quanto ognuno di essi ha particolarità differenti, capaci di essere valorizzate solo tramite un iter propedeutico all’alzata.
Per questo motivo, ho sperimentato due strade: una per soggetti neofiti ed una per soggetti avanzati.

 

PROPEDEUTICA PER NEOFITI

Questo è l’iter che svolgono i ragazzi prima di ogni seduta:

Superset, 4 giri:
Aperture posteriori con elastico, 10 ripetizioni
+
Mobilità su foam roller, 1 minuto

Nello specifico:

1. Aperture posteriori con elastico: ristabilire il giusto ritmo articolare, eliminando blocchi e rigidità muscolari, permette al soggetto di acquisire gli strumenti necessari a conseguire un buon movimento.
Durante la trazione dell’elastico è necessario focalizzarsi sul mantenere rilassate le spalle ed i trapezi, assecondando così una leggera depressione scapolare ed un’estensione toracica sull’asse sagittale. Inoltre, una estensione del polso graduale permette un corretto incastro fisiologico delle articolazioni.

Evitare una tensione eccessiva sui trapezi inoltre fa si che si non si verifichi una forte adduzione scapolare a discapito di una corretta depressione delle stesse.

 

propedeutica panca piana

 

Dato che stiamo svolgendo una propedeutica specifica per la Panca Inclinata, in cui il bilanciere si muove anche lungo l’asse longitudinale, suggerisco una partenza dell’elastico ad altezza occhi, ovvero 5-10cm più in alto rispetto a quanto accade nel riscaldamento per la Panca Piana, come mostrato nell’immagine qui sotto.

 

aperture posteriori panca inclinata

 

2. Mobilità su foam roller: per rilassare i muscoli paravertebrali e dare agio alla schiena, l’utilizzo del foam roller è davvero l’arma migliore. Più i muscoli sono rilassati, più la loro capacità di attivarsi al momento giusto è maggiore. Inoltre, per favorire un rilassamento ed un allungamento della fascia addominale, è necessario che tutta la catena cinetica posteriore non presenti tensioni parassite.
Minore è la tensione miofasciale, maggiore sarà l’estensione del tratto toracico della colonna sul piano sagittale.

I vantaggi che solitamente emergono sono:

  • PADRONANZA DEL BILANCIERE: pensare di attuare modifiche di set-up sotto carico è una scelta alquanto azzardata che, a mio avviso, non porta a nulla se non alla comparsa di compensi strutturali. E’ importante riuscire a capire, prima di posizionarsi sulla panca, come devono scorrere in fisiologia le articolazioni senza blocchi meccanici. Per molti soggetti, ad esempio, una flessione del polso graduale durante la fase eccentrica, permette a catena di agevolare lo scorrimento dell’omero e avambraccio dando vita ad un perfetto “incastro articolare”. Questo ci permette, una volta preso il bilanciere in mano, di risolvere indirettamente i problemi che ci pone l’alzata.

 

  • RIPRODUCIBILITA’ DEL SET-UP: immagino che a tutti sia capitato di settarsi sulla panca e di non sentirsi sempre allo stesso modo. E’ normale! Per svariate motivazioni non possiamo avere la stessa mobilità tutti i giorni; lavorarci in maniera specifica fa sì che di volta in volta vi sia una riproducibilità del set-up. Rilassare i muscoli della catena cinetica posteriore, di conseguenza, allungare la catena anteriore, fa sì che quando ci approcciamo al bilanciere il corpo registri una sensazione di stabilità e comfort, capace di essere riprodotta ad ogni serie per ogni seduta.

 

PROPEDEUTICA PER AVANZATI

Su soggetti avanzati valgono altre regole. La sensibilità e la recettività agli stimoli permette a questi di poter compiere esercizi più complicati coordinativamente parlando.
Per questi soggetti ho sperimentato una COMBO che a sua volta sta dando i risultati sperati.

LA COMBO: Trazione elastico sdraiati su foam roller.

 

 

I punti focali della combo sono:

  • Il foam roller deve essere posizionato quanto più vicino alle scapole, appoggiato alla loro porzione inferiore. Logicamente questa cosa è possibile solo ai soggetti che vantano di una buona mobilità, altrimenti è consigliato partire con il foam roller a metà schiena per poi avvicinarlo alle scapole in maniera graduale.Occhio a non posizionare il foam roller sulle scapole bloccandole, in questo modo lo scopo principale dell’esercizio svanirà del tutto.
  • La durata dell’esercizio deve essere quella minima per far si che i muscoli possano rilassarsi. Il tempo da trascorre sul foam roller è soggettivo, solitamente consiglio tre o quattro serie da un minuto.
  • La resistenza dell’elastico non deve essere eccessiva, in modo da non causare l’insorgenza di rigidità e blocchi strutturali di ogni tipo. Al trazionamento dell’elastico dovrà corrispondere un relax della fascia addominale che a sua volta consentirà al torace di estendersi sul piano sagittale.
  • Inserire questo esercizio tra una serie e l’altra in modo da favorire, in caso di asimmetrie evidenti, il rispristino coordinativo tra un emisfero e l’altro.

Ci troviamo di fronte, per la prima volta, ad una soluzione semplice e facilmente interpretabile. Replicabile e non forzata, che facilita l’assimilazione.

Questo perché il corpo, messo nelle condizioni di ascoltare il mondo esterno e agevolato dall’assenza del bilanciere, è capace di resettare i pattern motori rendendosi autonomamente conto di come bilanciare i Punti di Contatto col mondo esterno.
Occhio a come utilizzate gli input in questo caso. Evitate di fornire al soggetto indicazioni strutturali, non fate riferimento al posizionamento delle spalle o all’adduzione scapolare. Date come unico focus quello di trazionare l’elastico percependo la stessa pressione su ambedue le mani, mantenendo inalterata la pressione che il corpo genera nell’appoggiarsi al foam roller.

Da quello che no potuto constatare, i benefici tratti sono stati:

  • Ripristino immediato del ritmo scapolo-omerale in maniera simmetrica tra sinistra e destra, come diretta conseguenza di una pressione equamente distribuita del carico in mano;
  • Appoggio del bilanciere simmetrico in mano, flessione dei polsi non forzata;
  • Maggior controllo del bilanciere al petto, meno brusco e più leggero;
  • Tempo esecutivo dell’alzata uniforme, non più momenti di vuoto o tensione muscolare eccessiva;
  • Dinamica del movimento influenzata in maniera positiva, più fluida e fisiologica;
  • Maggiore rilassatezza dei muscoli paravertebrali che si riflette positivamente sull’allungamento della fascia addominale. Questo grazie allo svolgimento dell’esercizio di trazionamento dell’elastico sopra al foam roller;
  • Relax dei muscoli adduttori e depressori della scapola, come conseguenza del lavoro su foam roller con spalle in sospensione.

E’ interessante e rivoluzionario vedere come, tramite l’utilizzo di esercizi ed input logici, il corpo sia in grado di auto-correggersi in maniera del tutto intuitiva. Solo grazie ad una risposta del soggetto saremo in grado di creare un adattamento solido e duraturo nel tempo.

 

ESERCIZI DI PREATTIVAZIONE MUSCOLARE

 

Sulla base di quella che è la mia esperienza, lo sviluppo di un buona Panca Inclinata è limitato dalla struttura ossea del soggetto e dall’incapacità dello stesso di individuare un piano di lavoro congeniale alle proprie caratteristiche.

Per questo motivo ho scelto, tra tanti, solo tre esercizi di preattivazione.
Come ben sappiamo, il coinvolgimento e l’attivazione del Gran Dorsale risultano influenti sul controllo dell’alzata e sulla gestione toracica.
(Per vedere l’articolo dedicato al Gran Dorsale, clicca QUI)

Molti soggetti, per conformazione articolare, non possono eseguire esercizi di trazione dall’alto verso il basso. Per questo motivo, ho deciso di arginare tutti quegli esercizi che si sviluppano principalmente sul piano longitudinale, favorendo così lo scorrimento delle articolazioni in fisiologia. Esercizi che, per somiglianza, coinvolgono gli stessi gruppi muscolari e, a loro volta, permettono il ripristino del ritmo scapolo-omerale.

Di seguito, i tre esercizi:

1- SEAL ROW: in questo esercizio, il soggetto si trova a generare forza unicamente lungo l’asse sagittale, vedendo però una traiettoria inclinata rispetto alla verticale del pavimento grazie a quella sorta di rincorsa che precede la tirata. Il Punto di Contatto sterno-schienale favorisce, durante la tirata, un estensione del tratto toracico ed un corretto ritmo scapolo-omerale. La sensazione riportata dalla maggior parte dei soggetti è quella di percepire l’esercizio come una panca inclinata “al contrario”.

 

seal row panca piana

Mattia Zanutto durante l’esecuzione di un Seal Row

 

Vi sono principalmente due varianti di questo esercizio:

Seal row LENTO: l’esecuzione lenta, in una prima fase di apprendimento è essenziale per dare tempo al corpo di registrare i Punti di Contatto e di conseguenza coordinarsi nel migliore dei modi.
Il focus qui sarà incentrato principalmente su:
– Punto di Contatto torace-panca
– Punto di Contatto mano-bilanciere

Per far si che il corpo registri questi punti, il soggetto dovrà focalizzarsi nell’utilizzare lo schienale come basamento di forza per trazionare il bilanciere. Consiglio sempre di fermarsi a metà salita e fare un fermo (isometria).
L’attivazione muscolare, di conseguenza, potrà trarre giovamento dal lavoro lento; dar tempo al corpo di imprimere forza nei punti difficili dell’alzata, in cui solitamente vi è l’insorgenza di compensi strutturali, è un grande vantaggio da non sottovalutare.

Seal Row esecuzione standard: il passaggio successivo è questo. Una volta assimilati i concetti di base, il corpo avrà acquisito l’abilità di trazionare un carico facendo leva su un supporto.
Se la coordinazione articolare sarà migliorata, allora è il momento di erogare cavalli, esprimendo al massimo le proprie potenzialità. Se il lavoro lento è stato svolto in maniera eccellente, vi sarà un feedback diretto una volta approcciatisi alla panca inclinata.

Consiglio sempre di inserire questo complementare prima della panca inclinata, come pre-attivazione muscolare del gran dorsale (maggior responsabile di un’ottima gestione del bilanciere nella fase eccentrica).
Una seconda possibilità è quella di inserire il seal row alla fine della seduta che precede la giornata di panca, in modo da arrivare già pronti alla seduta target.

 

2- REMATORE su panca 30°: come per il Seal Row, lo svolgimento di questo esercizio avviene perlopiù sull’asse sagittale.

Ciò che principalmente li differenzia è appunto l’inclinazione dello schienale. Per mia esperienza, ho notato che per i principianti questa inclinazione semplifica il movimento e l’assimilazione dello stesso.
Il piano inclinato favorisce, durante la trazione del bilanciere, un maggiore relax dei muscoli delle spalle e dei trapezi, coinvolgendo come motore principale il gran dorsale.

Il focus, come per il seal row, è incentrato sui Punti di Contatto.
L’appoggio dei piedi a terra, che deve essere saldo e inamovibile, fungerà come terzo Punto di Contatto, grazie al quale il soggetto dovrà ancorarsi per erogare maggiore forza contro il bilanciere.

Se nel Seal Row può risultare facile sbilanciarsi, qui, la stabilità data dall’ancoraggio a terra favorirà una maggiore gestione e assimilazione del movimento. Questo, in buona parte, contribuirà a percepire l’esercizio come più intuitivo sul piano coordinativo.
Come per il seal row è possibile svolgere l’esercizio nella variante a tempo controllato oppure a tempo normale, rispettando le caratteristiche morfologiche del soggetto.

La cosa più interessante è vedere come, grazie a questi complementari, vi sia un’evoluzione sostanziale nella gestione del proprio corpo e nel rispristino del corretto ritmo scapolo-omerale.

 

3- PULL DOWN con elastico

pull down

Mattia Zanutto durante un pullman down con elastico

 

In base a quello che ho osservato, lavorare con gli elastici permette al soggetto di acquisire quasi inconsciamente quelle capacità di autoregolazione che gli permetteranno di auto-migliorarsi nel tempo.

Questo perché focalizzarsi sui Punti di Contatto è la chiave per la costruzione del movimento.
Secondo questa LOGICA, al soggetto non vengono fornite nessun tipo di informazioni, se non quella di relazionarsi correttamente col mondo esterno.

Questa chiave di lettura, molto lontana dalle classiche “imposizioni didattiche”, fa sì che il corpo possa sviluppare l’abilità di autoregolarsi e muoversi in base agli stimoli esterni. Col solo input di “mantenere inalterato il contatto mano-elastico”, il soggetto automaticamente potrà predisporsi nella maniera più conforme alle sue caratteristiche.

I punti focali di questo esercizio sono:

  • Focalizzarsi sui Punti di Contatto mano-elastico e non sulla ricerca di accorciamento muscolare.
  • Il Range di movimento è il risultato del contatto costante tra mano ed elastico. Concentrarsi sul mantenere inalterata la pressione contro l’elastico è il punto focale che determina, inoltre, il corretto ritmo fisiologico delle articolazioni.
  • Il tempo di trazione dell’elastico è determinato dalla resistenza dell’elastico stesso. Evitare accelerazioni brusche soprattutto nell’ultima parte del movimento (in basso) consente di mantenere le scapole in fisiologia.
  • Mantenere i muscoli rilassati soprattutto nella fase iniziale del movimento. Questo permette alle scapole di non bloccarsi ma di scorrere nella loro sede. L’adduzione e la depressione scapolare non devono essere ricercate ma, al contrario, saranno la diretta conseguenza del movimento stesso.
  • NON BLOCCARE I GOMITI durate l’esecuzione dell’esercizio. Tenere i gomiti leggermente flessi, si riflette a cascata sulla struttura generale. In particolar modo eviterà di accumulare tensioni parassite sulle spalle e sui trapezi, coinvolgendo il dorsale come motore principale del movimento.

 

PROGRAMMAZIONE

 

Programmazione Panca Piana

 

Nello studio della programmazione è possibile inserire la panca inclinata in due modi:

  • VARIANTE secondaria all’esercizio di base
  • ESERCIZIO PRINCIPALE: sostitutiva all’esercizio di base, da panca piana a panca inclinata.

PANCA INCLINATA COME VARIANTE

 

La soluzione più comune. In questo caso è inseribile molto semplicemente l’ultimo giorno di allenamento settimanale, come variante alla panca piana, in modo da allontanare il soggetto dallo stress accumulato durante la settimana, pur mettendo in gioco gli stessi gruppi muscolari.

Il semplice cambio di “piano di lavoro” permette al soggetto di muoversi più intuitivamente, sgravato dall’accumulo di lavoro svolto su panca piana.

Soggetti avantaggiati da un’ottima mobilità articolare gioveranno dall’inserimento di questa variante, per diversi motivi:

  • Sul piano inclinato le articolazioni scorrono in perfetta fisiologia;
  • La traiettoria inclinata del bilanciere favorisce un migliore controllo dello stesso, come diretta conseguenza di un corretto ritmo scapolo-omerale
  • L’inclinazione della panca favorisce l’ancoraggio dei piedi al pavimento. In questo modo buona parte del carico, durante la discesa, andrà a scaricarsi sul pavimento.

 

PROGRAMMAZIONE SHEIKO

 

Le programmazioni di Sheiko prevedono spesso l’inserimento di questa variante nel giorno quattro.

Qui di seguito, una settimana tipo tratta da uno Sheiko:

GIORNO UNO
– Panca piana 50% 5, 60% 4, 65% 3, 70% 3 x 5s
– Panca piana ritorno 50% 5, 60% 5, 70% 4 x 5s

GIORNO DUE
– Panca piana maratona 50% 5, 60% 5, 67,5% 4 x 2s, 72,5% 3 x 2s, 77,5% 2 x 2s, 72,5% 3 x 2s, 67,5% 4, 60% 5, 50% 6
– Lock out 3x6s

GIORNO TRE
– Panca piana 75% 2 x 5s
– Panca stretta 60% 4 x 2s, 65% 3 x 5s

GIORNO QUATTRO
– Panca inclinata 4 x 6s @7/8
– Lock out 2 x 6s

Qui è chiaro quello che ho detto prima: dopo l’accumulo di volume totale di ben 44 serie, senza calcolare il lock-out, nel giorno quattro la panca inclinata riveste un ruolo quasi “drenante dell’alzata principale”.
Nonostante ciò, sui soggetti a cui ho assegnato questo programma, l’inclinazione della panca ha permesso a tutti di muovere più carico con maggiore facilità. Un fattore a mio avviso che non deve sfuggirci di mano, ma che va tenuto in considerazione nello sviluppo prestativo dell’atleta.

 

 

PANCA INCLINATA COME ESERCIZIO PRINCIPALE

 

Partendo dal presupposto che molti soggetti non sono geneticamente predisposti alla panca piana, ho sperimentato qualche programmazione su Panca Inclinata.
Le caratteristiche che riportano questi soggetti sono:

  • Accentuata cifosi cervicale
  • Anteposizione delle spalle
  • Scarsa mobilità articolare
  • Forti rigidità miofasciali

 

A fronte di queste considerazioni un soggetto:

  • Deve potersi allenare in SICUREZZA (cosa assolutamente non scontata)
  • Deve potersi muovere rispettando appieno le proprie caratteristiche fisiologiche

 

Sulla base di queste considerazioni, ho visto nella Panca Inclinata una risoluzione momentanea di questi problemi. A seconda delle necessità e delle peculiarità del soggetto, decidere il grado di inclinazione della panca è di grande importanza per permettergli di conseguire un movimento corretto e sicuro.

Per questi soggetti ho deciso di abolire ogni tipo di spinta su Panca Piana, facilitandogli l’apprendimento del gesto con una semplice inclinazione della stessa. La panca Inclinata è quindi diventata una totale sostituzione di quella piana, ripetendola da 2 a 3 volte durante la settimana.
Ne ha giovato in primis la coordinazione intrinseca al soggetto e, di conseguenza l’attivazione muscolare e lo sviluppo dei pettorali.

PROGRAMMAZIONE ROUTINE

 

Le programmazioni routine nascono dalla necessità di mantenere l’atleta in un loop continuo che gli permetta di ADATTARSI ad un determinati stimolo protratto nel tempo. Vi faccio un esempio di routine:

GIORNO UNO
– Settimana uno 80% 2x5s
– Settimana due 80% 3x7s
– Settimana tre 75% 2x3s 80% 1x2s

GIORNO DUE
– Settimana uno 75% 2x5s
– Settimana due 75% 3x7s
– Settimana tre 80% 2x3s 75% 1x2s

GIORNO TRE (vedi articolo su uso RPE)
– Settimana uno x1@8, poi -5% 1×3/5s fermo 3/5”
– Settimana due x1@8, poi -10% 2x3s fermo 2/3”
– Settimana tre 82,5% 2x3s

GIORNO QUATTRO
– Panca piana, presa larga 6/4x4s

Come possiamo vedere, ci troviamo di fronte ad un ciclo di tre settimane, ripetibile ad oltranza ripartendo dalla settimana uno quando si è conclusa la settimana tre. Le modifiche strutturali verranno fatte in base ai feedback forniti dall’atleta, ma soprattutto in base a quello che l’allenatore vede. Il volume, i carichi ed i fermi sono ampiamente modificabili in base alle necessità ed ai gap tecnici riportati dal soggetto.

NB
Suggerisco di calcolare le percentuali in base al massimale che si vuole fare, e non in base a quello raggiunto all’ultimo test. Questo risulta molto stimolante, oltre che produttivo, per creare un adattamento progressivo e continuo nel tempo.
La Panca Inclinata, anche in questo caso riveste un ruolo secondario, seppur influente sul piano coordinativo e sull’attivazione neuromuscolare del soggetto.

Le percentuali indicate, come le serie e le ripetizioni devono essere modificate in base alla soggettività del caso.

Vi faccio un esempio: se mi trovo a lavorare con un soggetto che presenta un background sportivo nel bodybuilding, devo tenere in considerazione in primis del suo sviluppo muscolare. Soggetti molto muscolati ed estremamente rigidi, in un periodo di impostazione tecnica non devono lavorare con % sotto al 60% e non sopra al 72/75%.

Questo perché?
Semplicemente per una motivazione: con carichi troppo bassi o, al contrario troppo alti, andranno a ricercare una compattezza muscolare fittizia, ricadendo così in schemi motori “vecchi” e scorretti.

Anche il numero di ripetizioni è influente: solitamente tra le 2 e le 4. Il range di ripetizioni deve essere quello minimo per permettere al soggetto di non scomporsi sotto al carico e, non di secondaria importanza, di conseguire una buona prestazione in completa sicurezza e fisiologia.

NB: mi raccomando, quando dovete programmare cercate di tenere sempre in conto di questi fattori. Imparate a comportarvi in base al soggetto che vi trovate davanti, senza scadere in soluzioni preconfezionate. La LOGICA è ciò che sta alla base di tutto, e ciò che regna al di sopra di qualsiasi ragionamento sensato.

 

Come abbiamo visto, lo studio della Panca Inclinata deve essere accurato e tenere conto di vari fattori.
Predisposizione articolare e semplicità di lavoro la possono rendere, potenzialmente, un’ottima sostituta di quella Piana.

 

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