A cura di Riccardo Nieri.

Ritorniamo a parlare di apprendimento motorio (nel caso in cui ve lo foste persi, qui trovi il primo articolo sull’apprendimento motorio). Perché bisogna parlarne in ambiente fitness? Perché è fondamentale comprendere la LOGICA che sta alla base del movimento. Non dobbiamo dimenticarci che, qualsiasi sia l’obbiettivo, è la capacità di prestazione motoria che sta alla base dell’allenamento. Questo era già stato compreso e studiato da svariati scienziati del movimento negli anni ’50/’60, ma purtroppo vedo che al giorno d’oggi questa consapevolezza è venuta meno nei personal trainer, preparatori atletici ed in generale in chi opera nel mondo del fitness o della riabilitazione motoria.

Cosa si intende per prestazione motoria? La prestazione motoria non è altro che un tentativo di eseguire un’azione motoria volontaria. E’ il risultato di un processo specifico di apprendimento definito apprendimento motorio. Tutti quanti sappiamo che l’apprendimento è un processo che ci porta ad apprendere, e quindi ad acquisire. Possiamo acquisire una serie di nozioni oppure, in ambito motorio, possiamo parlare di una serie di cambiamenti dei processi interni che determinano la capacità di un individuo di eseguire un’azione motoria. Il livello dell’apprendimento motorio migliora con l’esercizio. Possiamo capire il livello del soggetto osservando la sua capacità di riprodurre la prestazione in modo stabile.

L’apprendimento si può definire come il processo che ci permette di acquisire abilità motorie indispensabili per il raggiungimento dell’obbiettivo. E questo processo non è lineare: nell’apprendimento la relazione corpo-ambiente cambia. La selezione ed interpretazione degli input sensitivo-motori ambientali si dirottano verso stimoli diversi e di conseguenza si otterranno output motori differenti in risposta agli stessi stimoli ambientali.

 

IL SISTEMA MOTORIO

 

Bene tutto chiaro e limpido ma…. Cosa si intende per cambiamenti interni? Cosa determina l’acquisizione di abilità motorie? Perché è difficile eseguire bene fin dai primi tentativi un movimento apparentemente facile? Per cercare di rispondere a queste domande introduciamo il concetto di Sistema Motorio.

Il sistema motorio è quella parte del Sistema Nervoso che sovraintende alla organizzazione e al controllo dei movimenti. Il Sistema Motorio presenta una struttura complessa distribuita in parte a livello del SNC, che svolge un’attività di controllo e pianificazione all’azione su tre livelli: aeree motorie e premotorie della corteccia, sistemi discendenti del tronco encefalico e midollo spinale. Questi tre livelli hanno un’organizzazione gerarchica: i livelli inferiori sono in grado di generare movimenti di tipo riflesso senza l’intervento dei segmenti superiori, i centri superiori invece possono limitarsi a impartire comandi motori di carattere generale, senza specificare i dettagli d’azione.

La via finale comune di tutti i segnali motori sono i motoneuroni, i quali innervano i muscoli.

Senza analizzare nello specifico componenti e ruoli del Sistema Motorio, rispondiamo a questa domanda: come apprendiamo abilità motorie? Il Sistema Motorio per organizzare una risposta efficace richiede informazioni sullo SCOPO dell’azione e l’AMBIENTE in cui verrà svolto il pattern motorio.

Alla luce di questo, è chiaro che il concetto di isolamento muscolare è errato dal punto di vista biomeccanico ed è impensabile e infattibile che il Sistema Motorio attivi un muscolo al fine di contrarlo senza uno scopo preciso. Il Sistema Motorio non ragiona per muscolo ma per scopo .

Quindi il nostro Sistema Motorio non ragiona in termini di rinforzo o sviluppo muscolare di un muscolo fine a se stesso, ma se messo nella giusta condizione attiva specifici distretti muscolari che gli permettono di raggiungere lo scopo, sia che si tratti di riprendere a deambulare dopo un trauma, sia si tratti di sollevare un sovraccarico. Risulta facile intuire che in ottica sia rieducativa che sportiva è essenziale acquisire, tramite l’apprendimento motorio nonché la riorganizzazione del Sistema Motorio, le abilità motorie specifiche per l’obbiettivo che ci siamo preposti.

Le abilità motorie si sviluppano con l’allenamento e racchiudono intrinsecamente tre caratteristiche :

  • Raggiungimento dell’obbiettivo prefissato.
  • Minimo dispendio energetico. Ad esempio eliminare tensioni accessorie o atteggiamenti viziati che comportano una maggior spesa energetica.
  • Minor tempo di movimento. In alcuni contesti, come lo Squat ad esempio, il minor tempo di movimento equivale ad un aumento di velocità.

Ci tengo a ricordare che le abilità motorie, soprattutto se complesse, vanno costruite nel tempo che sarà più o meno lungo a seconda delle capacità del soggetto. A livello didattico è opportuno ricordare che le abilità vengono classificate in:

  • Abilità discrete: si fa riferimento a tutte quelle azioni motorie dotate di un inizio ed una fine ben precise che si svolgono in un breve lasso di tempo.

Possiamo prendere come esempio di abilità discreta il sedersi e il sollevarsi da una sedia o da un qualsiasi altro attrezzo.

  • Abilità seriali: sottendono l’acquisizione di una serie di abilità discrete che vengono ripetute nel tempo. Ad esempio lo Squat è un’abilità seriale in cui ci si “siede” e ci si “alza” in maniera continua.
  • Abilità continue: sono abilità caratterizzate da una ripetizione ritmica continua nel tempo. Esempio 20 ripetizioni di Squat.

Inoltre nell’apprendimento di abilità si parla anche di:

  • Abilità cognitiva: è l’abilità starter del processo di apprendimento in quanto rappresenta la necessità di focalizzare l’attenzione su punti determinanti del gesto motorio che si vuole apprendere. Devo sapere cosa fare!
  • Abilità motoria: dopo aver acquisito una buona abilità cognitiva l’azione motoria può essere riprodotta con un maggior automatismo, trasformandolo nel tempo in abilità motoria.

 

UN CASO PRATICO

 

ANAMNESI E VALUTAZIONE ANTROPOMETRICA

 

Un pomeriggio come tanti un ragazzo di nome Erik che si allena da un paio di anni nella palestra in cui opero mi chiede di poter svolgere insieme un percorso di allenamento. Vuole migliorare la composizione corporea in quanto dopo un iniziale miglioramento fisico aveva raggiunto uno stallo estetico e prestativo. Decido di accettare la proposta ed inizio subito, in primis analizzando l’assetto posturale in statica e in dinamica.

Analizzando la sua camminata noto che presenta un’andatura definita “Toe-Walking”. In pratica:

  • il carico è concentrato prevalentemente o esclusivamente sull’avampiede. Erik poggia il tallone a malapena durante il ciclo deambulatorio.
  • la caviglia si mostra in accentuata flessione plantare anche a riposo.
  • La pianta del piede non è percettiva agli stimoli, nonostante esegua esercitazioni propriocettive ed esterocettive su appositi cuscinetti e pedane con frequenza pressoché giornaliera.
  • L’arcata plantare si presenta quasi inesistente.
  • Si vede una marcata pronazione del piede.
  • Dal punto di vista muscolare mostra una forte rigidità sistemica, soprattutto a carico della catena cinetica posteriore in particolare a livello del bacino, rendendogli infattibile compiere retroversione e anteroversione del bacino.
  • La colonna vertebrale appare piuttosto rettilineizzata in tutta sua lunghezza.
  • La mobilità di anca appare molto ridotta.
  • Il cingolo scapolare risulta più mobile rispetto agli altri distretti anche se presenta una leggera anteposizione delle spalle che altera parzialmente il ritmo scapolo-omerale.

 

DEFINIZIONE DEGLI OBBIETTIVI

 

Dopo aver eseguito la valutazione chiedo a Erik quali siano le motivazioni che lo hanno spinto a chiedermi una collaborazione e soprattutto quali siano le sue sensazioni nei confronti della metodologia di allenamento che ha utilizzato fino ad oggi. Erik risponde con tre affermazioni che mi fanno pensare molto :

  • “non riesco ad acquistare volume in particolare a livello degli arti inferiori e pettorali”
  • “mi piacerebbe fare Squat ma non posso. Cado subito in avanti ”
  • “non ho forza in Panca Piana e non capisco perché” (ultimo punto che non prenderemo in considerazione in questo articolo)

 

VALUTAZIONE DELLA RELAZIONE CORPO-AMBIENTE

 

Erik seguiva un programma “personalizzato” a base di lavori prevalentemente lattacidi ad alto volume su macchine isotoniche e qualche esercizio a corpo libero. Data l’importanza degli esercizi base nello sviluppo muscolare e nel preservare la massa magra, decido di valutarli a partire dal tanto temuto Squat:

 

 

 

Il feedback ricevuto è piuttosto negativo. Lo schema motorio completamente alterato: procede a scatti come se ricevesse impulsi nervosi discontinui, mostra rigidità, sembra incapace di collocarsi nello spazio non ha una percezione chiara dell’azione motoria. Senza troppi giri di parole, Erik non riesce a relazionarsi in maniera ottimale con l’ambiente esterno ed è incapace di selezionare input sensitivo-motori dell’azione che compie.

Partiamo dal concetto che ogni atto percettivo richiede un’azione: la percezione non è altro che un’attività esplorativa che avviene durante l’azione stessa e non qualcosa che precede l’azione.

Decido di iniziare a lavorare sul primo appoggio che si relaziona con l’ambiente e che funge quindi da primer dell’azione motoria: il piede. Simultaneamente decido appositamente di non lavorare con stretching e mobilità ed opto di lavorare solamente sul rapporto corpo(sistema)/ambiente .

 

PROGRAMMAZIONE SPECIFICA

 

Programmo un lavoro specifico di 6 settimane. Nel primo allenamento cambiamo il set-up dei piedi. Da una posizione “sicura e standard” (piedi posizionati all’incirca larghezza spalle e i piedi in leggera extrarotazione) opto per avvicinare il baricentro a terra ed aumentare la superficie di appoggio (piedi più distanti e maggiore extrarotazione del piede). Nella posizione precedente mostrava infatti una forte instabilità che aumentava progressivamente man mano che scendeva .

Modificato il set-up di partenza, fornisco input verbali collegando l’azione motoria ad uno scopo ben preciso. In questo modo voglio distogliere la sua attenzione dal sentire il muscolo lavorare (errore che la maggior parte delle persone compie). Questo perché, lo ripeto, il sistema motorio non pensa in termini di muscoli, ma è preposto alla produzione di azioni complesse atte a realizzare uno specifico scopo.

Dato che non svolgeva lezioni private, decido appositamente di lasciarlo libero di muoversi autonomamente, intervenendo solo nei momenti che ritengo opportuni. Utilizzo frasi che gli permettono di focalizzare l’attenzione sull’appoggio del piede e che gli richiamano l’attenzione sullo scopo dell’azione motoria e non sulla funzione specifica. Gli input verbali forniti sono frasi come “rilassati completamente e appoggiati sul pavimento, non lo spingere”, “lascia che il piede si appoggi al pavimento”, “lasciati schiacciare dal bilanciere” “alzati dal pavimento”.

Noto che già dalla prima seduta il corpo si fa sempre meno rigido, ripetizione dopo ripetizione, ma soprattutto il corpo si modifica ogni qualvolta fornisco input verbali. Questo accade perché il sistema motorio seleziona e elabora input molto velocemente in termini di millisecondi; se riusciamo a fornire i giusti input verbali possiamo assistere ad una immediata variazione dell’azione motoria, in quanto il sistema motorio integra all’azione motoria che sta eseguendo ulteriori input di diversa natura, potendola modificare in qualsiasi momento e all’istante.

La programmazione che propongo prevede un lavoro specifico sullo Squat. Vengono fatte due sedute settimanali di cui una più impegnativa ed una facilitata.

Nella prima seduta svolgiamo un lavoro tecnico a velocità lenta D5”F2”S5” (discesa in 5 secondi, fermo in basso di 2 secondi e salita in 5 secondi). Per le prime tre settimane lo Squat viene eseguito senza carico, poi dalla quarta riusciamo ad introdurre il bilanciere, visto che l’esecuzione è decisamente migliorata.

Nella seconda seduta, meno impegnativa, Erik esegue il Pin Squat senza vincoli di velocità.

 

RISULTATI ALLA MANO

 

In sei settimane la programmazione specifica dà i suoi frutti. La profondità dello Squat raggiunge il parallelo (qualche grado sotto ad essere pignoli) ed il gesto motorio appare molto più fluido e armonico:

 

 

Erik ha rivoluzionato completamente il suo rapporto con l’esercizio. La postura risponde ad una coerente stimolazione del sistema motorio:

  • il piede è sempre più percettivo
  • la flessione plantare di caviglia è meno accentuata
  • di conseguenza la deambulazione diviene sempre più fisiologica
  • le curve della colonna iniziano ad accentuarsi
  • il bacino, seppur con atteggiamento scattante, si muove
  • la muscolatura dell’arto cresce (da 54 cm iniziali passa a 55,5cm) nonostante l’intensità, il volume e la densità dell’allenamento siano molto basse
  • migliora anche la vascolarizzazione, soprattutto del quadricipite

 

Se vuoi approfondire l’argomento, ecco a te l’articolo completo sullo Squat: esecuzione corretta e programmazione.

 

LA PROSPETTIVA

 

Sappiamo entrambi che c’è ancora molto da lavorare e siamo distanti da uno Squat sicuro ad alti carichi e forte. L’intento di questo articolo è mettere davanti agli occhi di tutti, appassionati, personal trainer, chinesiologi e perché no fisioterapisti il panorama su cui ho avuto la possibilità di affacciarmi e che mi sta dando, non solo nel caso di Erik ma in numerose circostanze, risultati strabilianti nel campo della educazione e rieducazione motoria ed anche in ambito sportivo . Sono convinto che lo stretching e la mobilità articolare siano fondamentali per garantire l’ottimale riuscita di qualsiasi azione motoria ma sono sempre più convinto, soprattutto in soggetti con alterazioni posturali ad eziologia idiopatica o post trauma o secondari ad una patologia e su neofiti, che la relazione corpo-ambiente sia la chiave del successo .

Dopotutto, come direbbe Gibson: “Non ti chiedere cosa c’è dentro la testa dell’osservatore, chiediti piuttosto dove si trova la testa dell’osservatore”.

Molte volte le risposte a problemi non vanno cercate nella mobilità o nella flessibilità ma nella relazione tra corpo oggetti ambiente .

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